Vernici: lo scenario normativo

vernici e biocidi

La filiera delle vernici è un sistema complesso, governato da dinamiche laboriose, un’industria che basa la propria produzione sull’utilizzo di circa 4.000 materie prime. Ogni produttore ne lavora da 1.000 a 2.000 e ogni rivestimento solitamente nasce da una miscela di 10-60 materie prime, a loro volta contenenti più sostanze, secondo formulazioni in cui tutti i componenti sono in equilibrio, perfetto e delicato, tanto che la sostituzione di un singolo principio spesso richiede la modifica dell’intera formulazione.

Processi che le aziende italiane gestiscono lavorando costantemente in adempienza alle norme e sostenendo il Green Deal dell’UE. I prodotti vernicianti, infatti, rispondono alle esigenze dell’ambiente e dell’uomo in termini di benessere, salute e sicurezza. Rispettano gli obiettivi di sostenibilità, ad esempio aumentando la durabilità degli oggetti trattati e riducendo i rifiuti. Contribuiscono a contrarre il consumo di energia per il riscaldamento mediante i sistemi termoisolanti o per il raffrescamento mediante rivestimenti riflettenti.

In Italia però, l’industria delle vernici sconta alcune criticità che ne pregiudicano crescita e competitività. A partire dall’elevata frammentarietà del settore e della complessità e continua evoluzione della normativa in materia tributaria, ambientale e sociale che, in assenza di un coordinamento forte a livello nazionale, porta a moltiplicare i costi in R&S, a fronte di un’estrema variabilità di interpretazioni degli addetti ai controlli.

Per non parlare della normativa europea. Un esempio pratico è l’adeguamento al progresso tecnico e scientifico (ATP) che, con cadenza annuale, la Commissione Europea modifica o integra con nuove classificazioni per il regolamento CLP (Classification, Labelling and Packaging, che prescrive la classificazione ed etichettatura armonizzate delle sostanze pericolose). Ciascun ATP prevede un periodo di differimento di 18 mesi tra la pubblicazione e l’applicazione obbligatoria delle nuove classificazioni.

Con la pubblicazione di un nuovo ATP, le aziende prendono in carico le modifiche regolatorie e predispongono un piano di adeguamento che parte dall’avvio di un periodo di R&S di circa sei-otto mesi per ripercorrere tutte le fasi dello sviluppo di prodotto, così da abbandonare la vecchia formulazione e iniziare la nuova, rispondente all’ATP che entrerà in vigore da lì a 10-12 mesi.

Rimane però il tema delle scorte. Le aziende infatti, producono secondo un calendario di consumi previsti e stoccano i prodotti in gamma per essere pronte a consegnare al mercato in tempi rapidi. Il magazzino è per lo più composto di volumi alto rotanti, ma esiste una parte significativa di referenze, e quindi di valore, che può restare in giacenza oltre l’anno. Il tempo previsto per l’entrata in vigore del nuovo ATP pertanto, può considerarsi adeguato solo per interrompere la vendita dal produttore al rivenditore di ogni prodotto non più conforme.

E cosa succede a livello di rivendita? Una volta immesso il prodotto sul mercato entro i termini stabiliti dalla nuova classificazione, i produttori hanno consolidato la prassi di informare distributori e rivenditori sui nuovi obblighi, per evitare la messa a scaffale di quanto non più conforme.

Ma la questione delle scorte dei punti vendita o dei magazzini dei distributori è un problema. Infatti, l’andamento delle vendite segue dinamiche che possono variare sensibilmente di anno in anno. Anche l’imprevedibilità della domanda è causa comune dell’aumento dei prodotti invenduti, con conseguente impatto sul loro smaltimento nei tempi previsti per l’attuazione degli ATP lungo l’intera catena di approvvigionamento. Quindi, una volta raggiunti i termini per l’entrata in vigore degli adeguamenti tecnici normativi, le aziende comunicano ai propri clienti che deve essere inibita la vendita dei prodotti non adeguati alla normativa anche se ancora perfetti dal punto di vista qualitativo. Un evidente e sproporzionato danno economico per la filiera e per l’ambiente. Questo stesso problema costringe di frequente anche i produttori di pitture e vernici a liberarsi di imballaggi rimasti in deposito con litografie obsolete, oppure a mandare al macero etichette che poco prima risultavano del tutto corrette.

Oltre ai crescenti obblighi imposti da degli ATP, guardando al futuro, le prospettive non sono rosee. Nell’ambito della Strategia per le Sostanze Chimiche Sostenibili (CSS), parte integrante del Green Deal Europeo, è infatti attesa la presentazione di alcune modifiche al Regolamento REACH e CLP. Sebbene lo scopo sia di migliorare la sicurezza e la sostenibilità, anche in questo caso c’è grande preoccupazione circa la possibilità che tali cambiamenti, senza raggiungere l’obiettivo, mettano in seria difficoltà i produttori con una drastica riduzione del numero di sostanze disponibili per l’utilizzo nelle pitture.

Le variazioni in gioco, oltre ai cambiamenti proprio sulla CLP, comprendono: il possibile passaggio da un approccio basato sul rischio a uno basato sul pericolo per la gestione delle sostanze chimiche – eccetto dove il loro utilizzo venga ritenuto essenziale -, denominato Approccio Generico alla Gestione del Rischio (GRA), e l’adozione di un Fattore di valutazione della miscela (MAF) per affrontare il raro effetto che potrebbe verificarsi nel caso di esposizione combinata involontaria di sostanze chimiche sull’uomo o sull’ambiente.

Quali potrebbero essere le conseguenze? Nell’ambito del GRA, il passaggio di approccio da rischio a pericolo porterebbe inevitabilmente al ritiro di sostanze ad un certo valore di soglia di pericolosità, indipendentemente dal fatto che ci possa essere una reale esposizione e che siano state individuate sostanze sostitutive. Senza considerare che alcune sostanze pericolose contenute in piccole percentuali nelle pitture, sono fondamentali per massimizzare la protezione e la durata nel tempo delle pitture stesse e quindi del manufatto che ricoprono.

Parimenti, l’aggiunta di nuove classi di pericolo al regolamento CLP per le sostanze chimiche e le miscele potrebbe portare a un ulteriore incremento del numero di sostanze ritirate. All’approccio generico GRA, l’associazione europea CEPE di cui Assovernici è membro sta cercando di rispondere con una proposta alternativa denominata eAoA (Early Analiysis of Althernatives), che mira a valutare l’essenzialità delle sostanze e dei benefici apportati, prima che vengano semplicemente valutate per il loro pericolo intrinseco.

Il Concetto di Utilizzo Essenziale (EUC), poi, non è rivolto a una sostanza particolare, ma all’essenzialità per la società del prodotto/servizio complessivo che la supporta, senza una chiara definizione delle metodologie. Infine, l’adozione indistinta del MAF potrebbe riflettersi in ulteriori restrizioni sui prodotti considerati vitali, poiché verrebbe applicata a tutte le combinazioni di sostanze e usi, anche a quelle che contengono già i fattori di sicurezza necessari oppure a sostanze chimiche che normalmente non verrebbero combinate tra loro nelle pitture o negli inchiostri da stampa.

Quale, dunque, l’impatto sull’industria delle vernici? Come si è detto, le pitture sono costituite da numerose sostanze e la mancanza di una può rendere un prodotto irrealizzabile o meno efficace. Questa è la prospettiva che si apre: un contraccolpo gravoso, con l’inevitabile indisponibilità di numerosi prodotti vernicianti e quindi una penalizzazione per tutto il comparto edile, con effetti negativi anche rispetto agli obiettivi di sostenibilità del Green Deal Europeo.

Alla luce di quanto sopra evidenziato, Assovernici, l’Associazione che rappresenta i produttori di pitture e vernici per edilizia, produttori di vernici in polvere per l’industria e vernici liquide per l’industria, richiama l’importanza a livello politico di attuare scelte pragmatiche adottando un approccio normativo a sostegno dell’industria, che tenga conto in modo flessibile e proporzionato dei rischi e delle sfide derivanti dalla crescente complessità dello scenario normativo. Attraverso, ad esempio, un’implementazione graduale delle normative, periodi di transizione adeguati e un approccio mirato per preservare l’efficacia dei prodotti e continuare a supportare gli obiettivi di sostenibilità. Un’attenta valutazione degli impatti e una collaborazione tra le parti interessate sono fondamentali per garantire un futuro sostenibile dell’industria delle vernici a sostegno della competitività del mercato europeo nel suo complesso. 

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